Luca Lo Presti: Lettere di viaggio – 23.01.2013

“Chi ha un perché per vivere, può sopportare tutti i come.”
Questo un giorno mi ha detto mio fratello ed ha perfettamente ragione. Senza un motivo nessuna fatica, nessuno sforzo, nessuna battaglia avrebbe senso. Senza un vero motivo ci lasceremmo morire perché se niente animasse il nostro cuore tutto diverrebbe arido. La domanda che mi pongo pero’ e’: cos’e’ che davvero ci da questa forza? Cammino lento sul binario di quella parte di Calcutta che viene chiamata città della gioia e mi chiedo se queste persone lo hanno un vero motivo per vivere. Intorno a me solo baracche fatte di stracci costruite a meno di un metro dai binari del treno. Bambini nudi giocano, ridendo rincorrono cani magri. Capre mangiano il poco cartone che trovano e sui fuochi sono poggiate su alari di scarto pentole che contengono acqua di fiume. Ma, ad un tratto, mentre cammino sento come un dolore, qualche cosa mi colpisce e penetra nei pori della mia pelle. Punge come barbaglio di luce accuminato che non posso scansare. Scariche di elettricità viva mi bloccano prima che possa fare un altro passo ed e’ allora che mi fermo; mi zittisco e faccio il vuoto intorno al chiasso dei bambini e allo stridio delle ruote ferrate dei treni. Mi fermo e ascolto quello che credevo essere senza suono:
lo sguardo delle madri.
Quella voce muta mi stordisce; barcollo. Lo sguardo di una donna giovane che ha in grembo una bimba di pochi mesi con un cappuccio di ciniglia rosa urla e mi chiama. Le gambe non reggono e mi seggo al suo fianco.
Mi domando chi sia, chi lei pensi io sia ma mi zittisco di nuovo per capire senza domandare ed e’ allora che Vedo e Sento, trovo la risposta alla mia domanda in una sola parola: Amore.

Il mio sguardo come chiuso in un obiettivo monoculare allarga la prospettiva e mi accorgo come fosse la prima volta che mi reco in questo luogo che ovunque e’ amore, null’altro che amore.
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Una mamma abbraccia la sua bambina con la tutina rosa di ciniglia e non vede che la sua capanna e’ di stracci, non vede che il cibo e’ poco, non sente il vento, la pioggia o il freddo che le segnano il volto di donna giovane perché ha tra le braccia l’amore che si incarna in un cucciolo d’uomo col cappuccio rosa di ciniglia.

Tanti anni fa trovai anche io il mio motivo di vita ed oggi qui, in questo posto surreale dove con Pangea lavoro rinnovo la mia promessa d’amore.

“Come mi piacerebbe sentirmi utile allo stesso modo…” Così oggi un’amica commentava la foto che ho scattato su questi binari, in mezzo ai più poveri tra i poveri, aggiungendo che lavorare in India mi regala vita.

A lei, ai tanti amici che mi seguono, che mi leggono, che mi scrivono voglio ricordare che io sono un tramite, un ponte che collega la vostra generosità e il vostro sostegno alle donne e i bambini di cui Pangea si occupa in India, in Afghanistan e in Italia.

Senza di voi non sarei nulla, Pangea non sarebbe nulla. Siete tutti sempre utili quando condividete i nostri appelli, quando ci date una mano, quando azzerate le distanze che separano “noi” da “loro” e vi sentite vicini col cuore a qualcuno che probabilmente non incontrerete mai di persona, ma non per questo vi è indifferente.
Spesso, quando si parla di cooperazione, si sente dire che “con poco si può fare molto” così spesso che questa frase ormai scivola via, sembra uno slogan a cui non si fa più troppo caso. Ma è la verità: 15 euro sono sufficienti a pagare i costi di un corso di sartoria o una visita medica alla bambina col cappuccio rosa in un Paese dove i più disperati vivono con meno di un euro al giorno. E il valore di quei 15 euro è immenso: non si tratta solo di insegnare a una donna un mestiere che le permetta di guadagnare qualcosa. Si tratta di ridarle fiducia in se stessa, farla sentire accettata, farle vivere dei momenti di autentica felicità e soddisfazione. Farle sapere che non è sola e che qualcuno, inspiegabilmente, ha voluto prendersi cura di lei.
Quel qualcuno non sono io, non merito le vostre parole d’ammirazione, quel qualcuno siete tutti voi e domani porterò’ a quella madre e a quel piccolo fiore il vostro abbraccio.

A presto Luca