Quanto è importante il sistema di comunicazione che utilizziamo con i bambini? A chi attribuire la responsabilità per un lavoro poco appagante? Possiamo pensare di cambiare un trend culturale che non ci appartiene?
Portando i miei bambini in giro per laboratori ed assistendo ad molte attività, per passione e per mestiere, mi sono trovata di fronte molte tipologie di eventi. Facendo uno sforzo di sintesi e collegando esperienze personali – lontane nello spazio e nel tempo- metto insieme le cose che non mi hanno convinto: parlare senza che l’altro sia connesso, comunicare con linguaggi retrò, mettersi poco in discussione, pensare che il momento per crescere (o imparare) sia sempre il prossimo, credere di fare il proprio dovere anche senza badare ai risultati.
Mi sono chiesta tante volte perché continuiamo a perpetrare abitudini e rafforzare prassi anche se queste, evidentemente non soddisfano, non accattivano e non funzionano. Probabilmente non è solo una problema di “condizioni esterne”, credo che sia questione di atteggiamento sociale, e in quanto tale, personale. Analizzando Nei vari gruppi in cui ho lavoro ho notato che investivamo una grande quantità di tempo a focalizzare risorse ed energie su meccanismi che andrebbero cambiati, sottraendone all’effettivo tentativo di cambiarli. È forse sbagliato evidenziare errori o denunciare disfunzioni strutturali? Certo che no. Accanto a questa dovremmo forse attivare una strategia parallela.
Gli anelli della catena
ella fantastica storia di Peter Pan l’intuizione più grande è stata quella di associare il volo ad un pensiero felice. Se nutro un atteggiamento negativo sarò meno disposta a pormi in ascolto e a attuare micro cambiamenti perché reputati INUTILI, quasi a giustificare la stasi culturale. Ma se ci concentriamo su piccole azioni pratiche e quotidiane ossigeniamo un tessuto sistemico che, insieme a persone inarrivabili e meccanismi inaccessibili, è composto anche da ciascuno di noi.
Quante volte mi sono trovata a fare laboratori o a proporre progetti che poi ho dovuto “ridimensionare” per mancanza di fondi. La sfida è sempre stata quella di lasciare inalterato un ottimo lavoro facendo fronte alle inevitabili contingenze. Che novità, qualcuno penserà. È quello che fanno gli operatori Innanzitutto pensare che tutto l’inconciliabile, l’inattaccabile, l’invulnerabile…un po’ dipende anche da noi! Da come ci comportiamo, da quello che facciamo a quello che evitiamo di fare, da quello che diciamo a quello che omettiamo, da quello in cui crediamo a quello che avversiamo.
Imparare dai più piccoli
I bambini ci insegnano a ragionare sul momento che si vive. Non esiste il prima e il dopo, non mentre si agisce, solo il qui e ora. Ma, ovvio, ci si comporta portandosi dietro il proprio vissuto e sedimentando quel momento esclusivo da spendere nel futuro.
Non ci sono polverine o formule magiche, ma è un lento camminare e un calmo costruire. Condividere un obiettivo, lavorare per gradi, adeguare le risorse, ottimizzare i tempi. I percorsi alternativi, meno battuti, sono sempre più ardui al principio. Eppure svelano scorci inaspettati e panoramiche inconsuete. Non per cavalcare teorie o politiche del possibilismo, ma per fermarsi a riflettere sul reale apporto e sul peso specifico che ogni singola azione ha sul totale. Di noi come tasselli vivi. Si originano combinazioni infinite in continua evoluzione se si muta posizione, direzione, dimensione, colore ad un piccolo modulo! Metafora del contributo individuale scomodando l’illustre Escher.