Si sente ripetere spesso che essere iperprotettivi verso i propri figli può portarli, da grandi, ad avere problemi psicologici permanenti e stati d’ansia continui. È davvero così?
Quando è sbagliato proteggere i propri figli?
Mai. Proteggere i propri figli dai pericoli del mondo esterno, essere presenti e guidare la loro crescita è il dovere di ogni genitore. Quello che è assolutamente sbagliato, è esercitare una iper-protezione.
Se il bambino o la bambina sta giocando con gli amichetti, è bene non eccedere con le raccomandazioni del tipo “non correre troppo”,”non bere la coca cola fredda”,”ti sei coperto bene?”, etc. Le raccomandazioni eccessive rischiano di causare un senso di preoccupazione ingiustificato ed amplificato nel bambino, non solo verso i possibili scenari del mondo esterno ma anche nei confronti delle aspettative del genitore.
Inoltre, eccessivi paletti e raccomandazioni possono condurre a uno stato d’ansia continuo.
Un atteggiamento iperprotettivo durante i primi anni di vita del bambino, può sfociare in una presenza eccessiva dei genitori nella vita del giovane e nello sviluppo di un carattere debole, incapace di prendere decisioni in autonomia e di adattarsi a un mondo sempre più veloce e dalla competizione sempre più spiccata.
Come procedere dunque? È opportuno seguire da vicino i bambini durante i primi anni di vita, per evitare che sviluppino disposizioni e comportamenti errati e pericolosi.
Sì alle regole e ai divieti, no agli eccessi protettivi. È bene lasciare sempre uno spazio di libertà per poter provare, sbagliare e imparare – da soli – dai propri errori. Fin dalla tenera età.
Iperprotezione: uno steccato impenetrabile
Nel mondo animale tutte le specie esercitano una spiccata protezione sui propri cuccioli. Nel caso degli uomini, la differenza principale concerne la durata di questo atteggiamento protettivo, estremamente più prolungata.
Prendersi cura dei propri figli, consigliarli, metterli in guardia non è iperprotezione. Si denotano invece atteggiamenti iper-protettivi quando il genitore vuole risolvere tutti i problemi del figlio e si sostituisce a lui al momento di decidere e – a volte – anche di pensare.
Continue e costanti raccomandazioni, continui e costanti allarmismi. La logica del “non fare questo perché..” può avere conseguenze devastanti. Allo stesso tempo, questo atteggiamento è spesso accompagnato dalla mancanza di (poche) regole chiare e dalla non-chiarezza delle conseguenze delle proprie azioni. Vale a dire: è bene far capire ai propri figli che i propri sbagli hanno delle conseguenze e assicurarsi che queste conseguenze siano per loro chiare (e anche a volte vissute), piuttosto che alimentare le loro insicurezze con continue raccomandazioni, senza però applicare con fermezza poche regole condivise.
Se questo atteggiamento si accompagna alla propensione ad “alleggerire” i propri figli da responsabilità e doveri (spesso del tutto adatti alla loro età), il danno è fatto. I bambini cresceranno con l’abitudine al fatto che qualcuno risolva i loro problemi, prepari loro da mangiare, pensi al loro futuro, a comprare quello di cui hanno bisogno, a vestirli, etc. etc.
Cerchiamo di schematizzare le possibili conseguenze di un simile atteggiamento:
- Autostima: se non insegni ai tuoi figli a prendere delle decisioni autonomamente, dipenderanno sempre da qualcun altro. E questa dipendenza potrebbe mantenere bassa la loro autostima;
- Minore capacità di apprendimento: paventare ai propri figli ogni possibile scenario che potrebbe manifestarsi in ogni situazione, ridurrà la loro capacità di imparare dagli errori. Ci sarà sempre qualcuno pronto a “interpretare” per loro la realtà e non si eserciteranno nel farlo;
- Ansia e paura: se le raccomandazioni dei genitori su tutti i rischi e pericoli che è possibile incontrare in ogni contesto sociale e della vita sono state continue e pressanti, è molto più facile che i figli possano sviluppare un sentimento di “paura del possibile”. Insieme alla minore capacità di apprendimento, questo sentimento impedirà loro di affrontare e risolvere in autonomia i propri problemi e, nuovamente, li porterà ad essere dipendenti da qualcun altro a causa di una bassa autostima.
- Incapacità di accettare e reggere le sconfitte: i bambini che non hanno mai sperimentato, nel corso della loro infanzia, i sentimenti successivi a una sconfitta e alla impossibilità di realizzare quanto voluto, avranno difficoltà ad affrontare le sconfitte che la vita – inevitabilmente – riserva. Non solo: l’incapacità di accettare una sconfitta, connessa alla minore capacità di apprendimento, li renderà meno capaci di modificare un piano iniziale e di pianificare un’alternativa. Non saranno in grado quindi di immaginare e realizzare una “vittoria parziale”. Quindi, di adattarsi alla realtà.
Carl Rogers e la Tendenza Attualizzante nel processo di crescita
“Carl Rogers, psicologo umanista, sosteneva che insita in ogni essere umano vi è una naturale tendenza a sfruttare nel modo migliore possibile le proprie risorse in una data situazione. Tale forza, denominata Tendenza Attualizzante, può essere aiutata, nel processo di crescita, dalla presenza costante di genitori o altre figure di accudimento, il cui ruolo è di accompagnare i figli per prepararli ad affrontare il mondo. Il fulcro del discorso è proprio questo: accompagnarli, non sostituirli. I bambini hanno la naturale propensione ad esplorare il mondo che li circonda per conoscerlo e sperimentarlo, e in questo loro importantissimo compito evolutivo è bene che siano affiancati dai genitori senza che questi gli costruiscano intorno un muro protettivo ed invalicabile. È naturale che i bambini abbiano bisogno di regole, paletti entro cui muoversi in sicurezza, ma questi paletti hanno lo scopo di farli sentire sicuri, proteggerli da pericoli reali e trasmettere valori familiari. Non devono essere soffocanti per placare le ansie dei genitori che, altrimenti, verrebbero trasmesse anche ai figli. Sì, dunque, alle regole, che devono essere poche, chiare, motivate e adeguate all’età del bambino. Sì anche alle conseguenze dell’infrazione delle regole, che devono essere altrettanto chiare, motivate e spiegate in anticipo. Soprattutto, devono realizzarsi davvero quando necessario. Minacce assurde, catastrofiche ed eterne che non si potranno mai realizzare sul serio non solo renderanno poco autorevoli i genitori agli occhi dei figli ma destabilizzeranno i figli che non sapranno cosa aspettarsi dalle diverse situazioni. La prevedibilità, al contrario, permette ai bambini di sentirsi sicuri che ad ogni dato comportamento corrisponde di certo una data reazione. Potrà dunque imparare ad ipotizzare come funziona il mondo e sperimentare nuove situazioni, riscontrando anche che in seguito ad una sconfitta c’è la possibilità di rialzarsi e riprovare. Questo perché all’interno di paletti non rigidi e regole prevedibili avrà sperimentato le sue potenzialità e la sensazione di “essere capace”. Un ulteriore suggerimento per sostenere il bambino nelle sue esplorazioni è riferirsi a lui con frasi positive piuttosto che negative: invece di dire ” attento a non cadere” è meglio dire “mantieni l’equilibrio”. Questo permetterà al bambino di non avere paura di ogni situazione possibile ma di sperimentarsi in prima persona con piena fiducia nelle proprie capacità, senza ansie.” Dr. ssa Amanda Rossini, psicologa e psicoterapeuta.
Possiamo dare forma al concetto di iperprotezione, immaginandolo come uno steccato senza fessure alto mezzo metro. Quando il piccolo cresce e diventa un adulto, per forza di cose guarderà oltre. Ma non avrà – nel frattempo – saputo immaginare soluzioni ai problemi che gli si potranno presentare. Come avrebbe invece potuto fare, se dallo steccato si fosse potuto vedere qualcosa.
A cura della redazione di MioDottore con il contributo della Dott. ssa Amanda Rossini, psicologa e psicoterapeuta.