“I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: «Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?» Ma vi domandano: «Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?» Allora soltanto credono di conoscerlo.”

– A. Saint Exupery –

Avere la fortuna di assistere a momenti di relazione tra bimbi soprattutto in età prescolare ed animali è una delle esperienze più formative e di recupero del Sé tra le più elevanti ed arricchenti.

Se da un punto di vista “olistico” il processo di contaminazione bambino-animale risulta potenzialmente alchemico anche per l’adulto che assiste e media la relazione, dal punto di vista scientifico avviene ciò che in gergo tecnico chiamiamo “comunione di animalità”.

Cosa è la “comunione di animalità”?

In quanto esseri umani non possiamo dimenticare di essere “animali-Umani”, semplicemente una delle specie afferenti al mondo animale, con tutta una serie di “vissuti” e modalità di relazione nel “branco-famiglia”, nel branco di conspecifici e nelle interazioni con eterospecifici, contraddistinti da uno specifico etogramma di specie, che ci permette di entrare in comunicazione.

Da un punto di vista neurofisiologico le ricerche intraprese dal professor McLean sono state la dimostrazione di come anche la scienza intenda dimostrare la presenza di “terreno comune” tra animali umani e non umani, una sorta di territorio che contraddistingue entrambi e nel quale possiamo riconoscerci, scoprendo sempre di più l’altro, che inevitabilmente va a tramutarsi in un codice comunicativo unico ed irripetibile.

Le ricerche sul cervello trino hanno ipotizzato l’esistenza di “tre unità” cerebrali che fanno capo a funzioni specifiche, esse sono:

cervello rettiliano: quello primordiale, che ha la funzione di pattern di comportamenti innati e prototipici specifici di ogni specie, in particolare quelli necessari alla sopravvivenza degli individui e della specie intera: nutrizione, lotta, fuga e riproduzione. Questa parte di cervello primordiale apparterrebbe a tutte le specie animali (rettili inclusi).

cervello paleomammaliano (o sistema limbico): un’evoluzione di quello precedente, presente in tutti i mammiferi, ha il compito di permettere la gestione delle emozioni, favorire comportamenti parentali anche attraverso la strutturazione di gerarchie ed elabora tutte le componenti comunicative non verbali. Esso racchiude in maniera completa tutto il mondo emotivo, dalla nascita dell’emozione, fino alla sua condivisione con un codice non verbale e paraverbale specifico e riguarda tutti i mammiferi.

cervello neomammaliano (sistema cognitivo): patrimonio dei primati e dell’animale umano, ha il compito di permettere il ragionamento ed il linguaggio.

L’aspetto interessante sottolineato da McLean è che lo “strato superiore” di cervello può inibire il comportamento di quello precedente. Semplificando possiamo dire che attraverso il linguaggio ed il ragionamento (cervello neomammaliano) possiamo inibire tutto il nostro vissuto emotivo (cervello paleomammaliano). Non sempre infatti nel mondo degli adulti c’è coerenza tra ciò che si dice, come lo si dice e ciò che si comunica, proprio perché non sempre la persona adulta è centrata.