La Terra. 2) Periodo ADEANO
ADEANO o epoca pregeologica – da 4,5 miliardi a 3,8 miliardi di anni fa.
E’ il periodo di tempo che va da quando si è formato l’ammasso gassoso da cui ha avuto origine la Terra alla sua trasformazione in un corpo solido.
Il suo nome significa “infernale”, perchè esso rappresenta l’epoca durante la quale si formò la crosta terrestre, inizialmente incandescente; quindi, a quei tempi la superficie del nostro pianeta doveva apparire come un vero e proprio inferno. Questo nome venne introdotto per la prima volta nel 1972 dal geologo Preston Cloud (1912-1991), per indicare il periodo antecedente la formazione delle rocce più antiche sulla Terra.
L’Adeano è suddiviso in tre periodi:
- Criptico,
- Nettariano,
- Imbriano.
Lo sviluppo della crosta terrestre
Su questo processo lento e decisivo per la nostra storia non si hanno ancora certezze; si ritiene tuttavia che gli elementi pesanti, come il ferro, andarono a depositarsi al centro a causa della forza di gravità, mentre gli elementi più leggeri, i silicati, formarono un oceano incandescente alla superficie. Dopo circa 500 milioni di anni dalla nascita della Terra, il paesaggio incandescente iniziò a raffreddarsi: la dissipazione di calore nello spazio diede inizio al raffreddamento del nostro pianeta, e nell’oceano di magma cominciarono a comparire lembi di rocce formate da minerali ad alto punto di fusione, una sorta di zattere roventi ma solide simili alla crosta sottile che vediamo formarsi alla superficie di una colata di lava, mentre questa sta ancora fluendo dal cratere. In quei tempi la Luna, ancora rovente, distava dalla Terra solo 16.000 Km contro i 384.000 attuali, per cui doveva invadere gran parte del cielo, dal quale meteoriti o addirittura piccoli protopianeti dovevano continuare ad abbattersi nell’oceano incandescente.
Poi, l’abbassamento della temperatura al di sotto dei 1000 gradi consentì il consolidamento delle zone con temperature più basse che, divenute più stabili, avviarono la costruzione della futura crosta terrestre. Ma quei primissimi frammenti di crosta dovevano essere anche molto instabili, e dovevano venir facilmente riassorbiti dalla massa liquida e rifusi in profondità. Solo con l’ulteriore raffreddamento del pianeta, quei frammenti devono essere diventati abbastanza numerosi e grandi da formare un primo involucro solido, cioè una vera crosta primitiva. Quella prima crosta doveva apparire come una distesa di rocce caldissime (qualche centinaio di gradi Celsius), interrotta da numerose grandi fratture, dalle quali continuavano a risalire enormi quantità di magma.
Nel corso dell’Adeano, il pianeta Terra fu interessato da un evento particolarmente distruttivo chiamato « grande bombardamento tardivo »: circa 3,9 miliardi di anni fa asteroidi di grandi dimensioni bombardarono il pianeta con una potenza incredibile, per via del fatto che in quell’epoca il giovane sistema solare era ancora molto affollato da piccoli oggetti, ed in virtù della forza di gravità i corpi maggiori andavano “ripulendo” le loro orbite da tutti i “sassi” spaziali che fino a quel periodo le infestavano. Questo attivissimo bombardamento meteoritico doveva aprire continuamente nuove lacerazioni nella crosta, subito invase dal magma. Il fenomeno sembra aver avuto origine da un’instabilità nella fascia degli asteroidi, a sua volta causata dalla migrazione dei pianeti giganti gassosi verso le loro orbite attuali. Le tracce di quell’intenso bombardamento meteoritico, protrattosi per almeno 700-800 milioni di anni, sono state quasi totalmente cancellate sulla Terra dall’erosione da parte degli agenti atmosferici, ma sono invece perfettamente conservate sulla Luna e su molti altri corpi del Sistema Solare, la cui evoluzione si è arrestata da lunghissimo tempo, sotto forma di crateri da impatto, a volte colmati di lava.
Le memorie di questi giganteschi impatti si trovano in spessi strati rocciosi che ne contengono tuttora i frammenti, cioè sferule di roccia fusa dal calore sprigionato dalle collisioni. Naturalmente lo studio di questi resti è complicato dal fatto che le rocce adeane sono più rare di qualunque altro tipo di roccia sulla Terra, e che i segni delle sferule da impatto sono stati ritrovati solo in terreni in cui erano presenti condizioni ideali per la preservazione, come nei depositi di scisti sul fondo del mare.
Il ferro nel cuore della Terra
La chimica del ferro può raccontare molti particolari dell’evoluzione geochimica del nostro pianeta, in particolare di quella del nucleo. Quando la Terra, appena formatasi dall’aggregazione dei materiali che circondavano il Sole, era ancora una massa non solidificata, gli elementi più densi, come il ferro, sono sprofondati verso il centro, creando il nucleo terrestre e una struttura a strati che è sopravvissuta fino alla nostra epoca. Il ferro in particolare si è separato dai silicati, composti di silicio e ossigeno, che sono andati a costituire il mantello, subito sopra il nucleo, che a sua volta è stato ricoperto dalla crosta terrestre. In questo modello complessivo mancano però molti dettagli, essenzialmente per la difficoltà tecnica di ottenere campioni del nucleo terrestre. Un aiuto viene dai dati della propagazione delle onde sismiche attraverso i vari strati terrestri, che indicano inequivocabilmente che nel nucleo ci sono anche elementi più leggeri del ferro, sulla cui natura e concentrazione però è in corso un acceso dibattito. La questione di fondo è che il ferro nel suo moto verso l’interno della Terra ha interagito con elementi più leggeri, con cui si è legato formando composti. E per capire quali furono esattamente questi elementi bisognerebbe conoscere con precisione le condizioni in quel momento, in particolare pressione e temperatura.
L’atmosfera primordiale
Dalle rocce incandescenti e dal mantello terrestre, soprattutto per opera dell’attività vulcanica, si sprigionavano ammoniaca, idrogeno, biossido di carbonio, metano, vapore acqueo ed altri elementi che, nel giro di 100 milioni di anni, gradualmente formarono l’atmosfera primordiale. Era estremamente tossica per la vita che conosciamo ai nostri giorni, essendo costituita in gran parte da una fitta nebbia di sostanze organiche gassose.
Quando la Luna aveva un campo magnetico
Fra i 4,5 e i 3,56 miliardi di anni fa anche la Luna era dotata di una geodinamo che alimentava un campo magnetico globale. Benché oggi la Luna non abbia un suo campo magnetico globale, già le missioni Apollo avevano permesso di rilevare nei campioni di rocce lunari una magnetizzazione residua, la quale dimostrava che un tempo anche il nostro satellite ne possedeva uno.
La formazione degli oceani
Nello stesso tempo, sulla superficie terrestre cominciò a manifestarsi un’altra imponente serie di eventi, che portarono alla formazione delle rocce sedimentarie, attraverso processi di erosione, trasporto e accumulo. Tali processi divennero pienamente attivi non appena la superficie si raffreddò abbastanza da permettere l’instaurarsi del ciclo dell’acqua. Infatti la Terra primitiva rimase a lungo avvolta dalle tenebre, sotto una spessa cappa di dense nubi ardenti formate dal vapore acqueo continuamente riversato nell’atmosfera dalle esalazioni vulcaniche; quando la temperatura scese abbastanza, le nubi cominciarono a sciogliersi in pioggia, e l’atmosfera primordiale diede vita a tempeste di inimmaginabili proporzioni, sotto le quali la Terra gemeva e ribolliva.
In un primo tempo, abbattendosi sulle rocce incandescenti, la pioggia svaporava, ma con il graduale raffreddamento della crosta solida l’evaporazione andò diminuendo finché l’acqua poté condensare nelle zone più depresse della superficie terrestre, formando i primi oceani, mentre gli altopiani rocciosi formarono i continenti. Su di essi si costituirono anche i primi reticoli fluviali, che trasportavano i detriti strappati alle zone più elevate e li riversavano sul fondo dei mari primordiali.
A poco a poco il nostro pianeta assunse un aspetto a noi più familiare, con una zona gassosa ricca di nubi detta atmosfera, una liquida con oceani, laghi e fiumi, detta idrosfera, ed una solida indicata con il nome di litosfera, con i primi abbozzi di quelli che diventeranno i futuri continenti.