L’allenamento e la partita sono momenti cardine dell’esperienza sportiva dei ragazzi: il gioco viene messo in pratica, ci si confronta con compagni o con avversari e ci si mette alla prova. Antecedente a questi due momenti, però, ve n’è un altro, forse ancora più importante – non tanto a livello sportivo, quanto a livello umano -, lo spogliatoio. Sottovalutato, o totalmente ignorato dai più, lo spogliatoio è una delle parti fondamentali dello sport di squadra, per svariati motivi. Il compito di questo articolo sarà spiegare perché questo risulti così importante per un team e perché dovrebbe essere sfruttato al massimo nelle sue potenzialità, non da tutti colte.
“Non possiamo vincere se lo spogliatoio non è unito”. Questa frase la pronunciò il noto calciatore Zlatan Ibrahimovic, quando passò dalla Juventus all’Inter nel 2006. “L’Inter era divisa in gruppetti – disse il centravanti svedese -, argentini di qua, brasiliani di là. Dobbiamo rompere questi dannati clan”. Questa dichiarazione è il nucleo del discorso che stiamo per affrontare. Lo spogliatoio, visto da molti come un insieme di panchine, appendiabiti e docce, può essere definito come la casa della squadra. E’ il momento intimo degli atleti, un luogo in cui solo loro possono entrare. La fisionomia di squadra, l’essere un tutt’uno verso un solo obiettivo, nascono proprio all’interno dello spogliatoio. Non importa se i discorsi dei ragazzi in spogliatoio vertono dal calcio a Clash Royale, tutto fa gruppo: condividere anche quella decina di minuti scarsi per cambiarsi prima della partita, fa sì che gli atleti si amalgamino già prima del fischio d’inizio, per poi entrare in campo non più come singoli, ma come la squadra che rappresentano.
E’ normale come, soprattutto nei primi anni sportivi, i ragazzi tendano a formare questi sopracitati “clan”, per dirla con un termine brusco. Nel gergo li chiamiamo gruppetti: insieme di 3-4 persone, composti dai compagni di classe, dai migliori amici ecc., che fanno squadra a sé e giocano sempre assieme, senza staccarsi mai. Quei gruppetti non vanno sciolti, ovviamente: nella quotidianità tutti abbiamo una stretta cerchia di persone con cui passiamo il tempo, ma lo spogliatoio permette che all’interno dell’attività sportiva le divisioni non esistano, o siano minimizzate il più possibile. Abitare lo stesso spazio, cambiarsi insieme, ridere e scherzare sotto la doccia sono momenti tutti da vivere, che fanno scoprire la bellezza di essere compagni di squadra.
Tutto ciò, ahimè, è molto sottovalutato, nonostante tutti gli effetti positivi che provoca. La fretta dopo l’allenamento serale, l’uscita al sabato post-partita, oppure gli impegni precedenti alla gara che non permettono al ragazzo di arrivare con una buona dose di anticipo, o semplicemente l’ignorare la componente dello spogliatoio, fanno sì che spesso questo torni ad essere, come abbiamo detto sopra, delle semplici panchine con degli appendini sopra di esse. Ragion per cui, ad ogni riunione di squadra, io come allenatore metto la questione spogliatoio sempre tra i primi punti da toccare. Perché la squadra nasce lì, nel momento in cui si poggia a terra la borsa, ci si toglie il giubbotto e si tira fuori la divisa da gara o da allenamento. Dallo sguardo che si lancia al compagno seduto di fianco, dalla domande “Com’è andata oggi a scuola?”, oppure “Dopo la partita vieni a casa mia?”, o meglio ancora “Stasera pizzata di squadra: chi c’è?”. Non sottovalutiamo lo spogliatoio. Al suo interno entrano 18-20 ragazzi, ma ad uscire è una sola cosa: il gruppo.
Marco Astori