I cesti ed i canestri sono anch’essi una invenzione remota. Questi sono tra i più antichi recipienti costruiti dall’uomo, forse prima dei vasi in ceramica. Già utilizzati nell’antico Egitto, in età romana appaiono, ad esempio, impiegati per la vendita e il trasporto del pane. Di vimini era fatto il ventilabro, che serviva per liberare i grani dalla pula; il crivello, sorta di se taccio; oltre che i cestelli per la raccolta. Cestelli di vimini venivano utilizzati sia nell’estrazione dell’olio che per la spremitura delle vinacce. Cestoni erano usati per il trasporto del letame e la successiva concimazione dei campi. Canestri si adoperavano anche per la semina di cereali e di leguminose. Ampio l’uso di cesti e canestri in età medievale per gli impieghi più diversi: dalla vendemmia alla raccolta dei prodotti dell’orto; dalle ceste per contenere le uova ad una sorta di gabbie per il trasporto e la vendita dei volatili. Al tempo dei comuni, a Perugia, ad esempio, tra le corporazioni compare quella dei cestai e canestrai. Il ricorso a questi contenitori è stato persistente nel tempo. Solo con l’avvento delle materie plastiche, questi manufatti in fibra naturale stanno sparendo dall’uso quotidiano, anche se rimane la loro lavorazione in ambito artigianale. Celebre, ad esempio, è la produzione di cesti e canestri in Sardegna.
Fasi Preistoriche Orientative | ||||
Paleolitico | 2.000.000 – 10.000 a.C. | |||
Mesolitico | 10.000 – 5.000 a.C. | |||
Neolitico | 5.000 – 3.000 a.C. | |||
Età del Rame | 3.000 – 2.000 a.C. | |||
Età del Bronzo | 2.000 – 900 a.C. | |||
Età del Ferro | 900 – 0 a.C. |
LAVORI DEL MESE
In inverno quando le attività nei campi erano rallentate dai rigori del freddo si provvedeva a predisporre gli attrezzi e gli strumenti da utilizzare per i vari lavori che andavano dalla semina al raccolto. La manifattura dei canestri, delle ceste e dei contenitori in genere occupava una fetta considerevole di questo tempo. L’opera iniziava dalla raccolta del cosiddetto “vinco” (nome generico per ramoscelli di salice) che cresceva spontaneamente lungo i corsi d’acqua, o trapiantato lungo gli spartiacque dei campi, ecc… Affastellato si portava in casa dove si provvedeva alla lavorazione: con lo stelo grezzo venivano prodotti canestri per la vendemmia e la raccolta delle olive, con i ramoscelli bolliti e scortecciati si approntavano cesti destinati a contenere beni primari e delicati. Il sistema di lavorazione per i vari contenitori era identico e si basava sull’intreccio continuativo dei vinchi, i quali, intessendosi, terminavano con la creazione del manico o dei manici oppure del semplice bordo.
Salice: Cesti ma non solo
Diffuso e conosciuto è l’utilizzo della linfa del salice. Ippocrate (V-IV sec. a.C.), il padre della medicina, ne conosceva le proprietà antidolorifiche che, come oggi sappiamo, sono contenute nell’acido salicilico. Rimasto inutilizzato per secoli come fonte di cure, il salice dall’ ‘800 in avanti è stato al centro di studi, scoperte ed innovazioni. Anche Raffaele Piria, un valente chimico napoletano, ha dato il suo importante apporto con due pubblicazioni: “Ricerche sulla salicina ed i prodotti che ne derivano” (1838) e “Ricerche di chimica organica sulla salicina” (1845). Nonostante si avesse prova della sua efficacia, il problema per la diffusione di massa restava l’azione gastrolesiva. Fu il tedesco Fèlix Hoffman che riuscì a dare la formulazione chimica definitiva creando il farmaco che oggi tutti conosciamo: l’aspirina. Da allora l’uso ha avuto una diffusione massiccia, tanto da stimare, in modo molto approssimativo, l’assunzione in tutto il mondo di questo farmaco pari ad alcuni miliardi di compresse ogni anno.
Numerose specie di salice si utilizzano in vari settori. Ad esempio: il “salix viminalis” si usa per la produzione del vimine necessario alla fabbricazione di cesti e mobili; dal “salix fragilis” si ottiene un tipo di carboncino molto resistente usato dai disegnatori; mentre dal “salix alba” si ricava il carbone per la polvere da sparo; particolarmente resistente, ma al contempo leggera, è la fibra del “salix nigra” con la quale un tempo si fabbricavano soprattutto le protesi artificiali per chi rimaneva vittima proprio… della polvere da sparo.