Il frumento non è stato l’unico cereale coltivato nell’area europeo-mediterranea. I Romani infatti coltivavano l’orzo, il miglio, la segale, l’avena ed il panìco. Nell’alto medioevo si registra una sorta di trionfo dei cereali inferiori, meno pregiati ma più robusti, resistenti e redditizi. In quest’epoca venne meno l’egemonia del frumento che in età romana invece aveva goduto di attenzioni preferenziali. Ora incontrano maggiore fortuna la segale, l’orzo, l’avena, il farro, la spelta, il miglio, il panìco, il sorgo. Rilevante fu, ad esempio, il successo della segale. Il frumento tornò ad avere una posizione centrale dall’ avanzato ‘400 in poi. Sempre in questo secolo fa la sua comparsa il riso e dal ‘500 in poi il mais.
LAVORO DEL MESE
Alla fine del mese di giugno (per S. Giovanni o per S. Pietro) era usanza iniziare la mietitura del grano, orzo oppure altri cereali. Si provvedeva manualmente, con l’uso dei falcetti e delle braccia. Il lavoro iniziava di mattina, appena le messi si erano asciugate dall’umidità della notte, e si interrompeva nelle ore centrali del giorno per riprendere di pomeriggio fino a tarda sera. Si operava a circa due metri di distanza l’uno dall’altro e si proseguiva di pari passo tagliando gli steli del frumento a circa 10 centimetri dal suolo. Il fascio di spighe così reciso veniva disposto con altri sul “balzo” (cioè steli messi a mo’ di laccio) e con esso legato a formare una manna (o mannella) che veniva lasciata in modo ordinato predisponendola assieme ad altre per formare successivamente i covoni. Alla fine della giornata, quando l’afa diminuiva, il frumento veniva ammucchiato in piccole cataste dette “cavalletti” o “barchette” anche per evitare che la spiga perdesse il suo frutto e non fosse rovinata da eventuali piogge.
IL FARRO
Se ne distinguono tre tipi: il “Triticum dicoccum”, farro comune o farro propriamente detto, il “Triticum spelta”, chiamato anche spelta o “farro maggiore” e il “Triticum monococcum” indicato pure come piccolo farro. Sembra che in origine sia stato coltivato in Palestina e da lì poi diffuso nell’Egitto dei faraoni ed in Siria. Il cereale maggiormente coltivato in età romana arcaica era il farro che continuò ad essere popolare anche in epoche successive. Il farro era componente base della “puls” (che era una sorta di pappa o farinata, da considerarsi un’antenata della nostra polenta), per molti secoli il piatto tipico romano, paragonabile per popolarità ai nostri spaghetti, tanto è vero che i romani erano noti presso i greci come mangiatori di “puls”. Con l’avvento di altri cereali, nel medioevo, venne progressivamente accantonato, poiché la resa non era molto elevata e la raccolta risultava difficoltosa in quanto i chicchi maturando cadevano sul terreno. Attualmente lo si ripropone in alcune ricette.
IL MIGLIO E LA SEGALE
Il miglio venne introdotto in Occidente dai nomadi delle steppe e proviene quindi dall’Asia centro-settentrionale. Diffusosi in Europa sin da epoca neolitica, sarebbe comparso in Italia nell’età del bronzo. Era coltivato in epoca romana e durante il medioevo. Il miglio conservò la sua importanza fino all’arrivo del mais, rivale più temibile che non il sorgo. La segale non fu null’altro che un’erbaccia del frumento che finì però per soppiantare quest’ultimo nell’Europa continentale, di condizioni climatiche più rigorose. Pervenne in Italia dall’Eurasia centro-meridionale, nell’età del ferro. Nota a Plinio, già diffusa in età romana, divenne dominante nella Germania centrale e settentrionale, specie dopo la caduta di Roma. In Italia le invasioni di popolazioni germaniche contribuirono a diffonderne l’uso. Nel nostro mezzogiorno venne indicata anche con il termine “germanum”.
Il grano saraceno giunse in Europa non prima del ‘400, portato dai mongoli. Nel ‘500 si era notevolmente affermato in Francia. Oggi questo cereale trova impieghi culinari in ricette regionali, quali la polenta taragna nel bergamasco, i pizzoccheri valtellinesi ed in molte altre specialità locali, per non parlare delle famose crêpes bretoni preparate sempre col grano saraceno, una squisitezza dei nostri cugini d’Oltralpe. L’orzo arriva in Italia, dall’Eurasia centro-meridionale, in età neolitica. Particolarmente adatto a resistere ai climi siccitosi e resistente a quelli freddi, è di certo fra i cereali quello che sopporta meglio i mutamenti climatici. Venne utilizzato in età medievale per la preparazione di pappe, zuppe e pane oltre che fatto fermentare come componente fondamentale della birra.