I boschi costituivano una parte integrante dell’economia dell’Italia antica. Da essi proveniva il legname e la pece (una sorta di catrame vegetale con fa quale si impermeabilizzavano gli scafi delle navi), in età romana fondamentali per l’allestimento della flotta. Il bosco era ovviamente la sede della caccia, attività prediletta dalle aristocrazie, e al tempo stesso integrava la vita dei pastori e degli agricoltori. Nei boschi venivano lasciati allo stato brado i maiali che si nutrivano di ghiande, ma dalle ghIande, seccate e macinate, si otteneva una farina con cui, come indica Plinio, in caso di scarsità del raccolto, si produceva una sorta di pane povero. Il bosco era anche una riserva di frutti selvatici, piante officinali, miele e funghi. In età romana il “lucus” era diverso dagli altri boschi perché, essendone stato riconosciuto il carattere sacro, in quanto dimora di una o più divinità che vi manifestano i loro segni e prodigi, in primo luogo non era coltivato, e in secondo luogo era soggetto a molteplici vincoli.

 

LAVORI DEL MESE

Nel mese di ottobre è tuttora previsto il taglio dei boschi. Per secoli si è iniziato ripulendo il sottobosco dai rovi con l’intento di rendere l’accesso ai boscaioli più agevole. Con l’ascia poi si provvedeva al taglio delle piante di alto fusto, dividendo il tronco in sezioni di circa un metro; Quelle di diametro superiore ai 40 cm. venivano spaccate in 4 parti, usando ascia, mazza e cunei. Le frasche sottili si mettevano da parte in fascine. Si accorpava la legna così sezionata in cataste e successivamente si riportava a casa con delle slitte o carri, comunque. sempre trainati da buoi. In alternativa si usava la schiena dell’asino o del mulo. Le fascine venivano utilizzate sia per accendere il focolare di casa sia per il forno, al fine di cuocere il pane ed altri alimenti.

 

IL CASTAGNO

A partire dal medioevo si ha una grande diffusione dei castagneti domestici da frutto. La coltura del castagno era stata “inventata” nel Caucaso e si era poi diffusa nell’Europa Occidentale, in età classica. Grazie ad una selezione metodica delle sue varietà, esso fu “addomesticato” tra medioevo ed età moderna. Le castagne hanno compensato a lungo le frequenti carenze cerealicole dovute al sovrappopolamento e ai disastri naturali. Sotto il profilo alimentare si sosteneva, in pieno ‘500, che le castagne fossero di grande nutrimento e sostanza e dessero forza. Nelle zone di montagna questi frutti erano consumati più o meno nelle stesse forme dei cereali: freschi, secchi o in farina. Oltre che sul piano alimentare il castagno era, ed è tuttora, sfruttato per usi molteplici, grazie alle sue doti di resistenza e durata combinate ad un’ottima lavorabilità.

Nel medioevo il bosco, oltre ad essere sempre un’area di pascolo per i maiali, era fondamentale per la pratica della caccia, ma non solo. Esso continuava ad essere una dispensa assai ricca di risorse per la vita di tutti i giorni. In quel tempo si procedeva anche a disboscamenti al fine di acquisire aree sia per facilitare le colture di carattere estensivo, sia per il pascolo. Fu anche potente richiamo di vocazione eremitica. Si pensi allo stesso san Francesco che volentieri si ritirava in luoghi boscosi e solitari come “Le Carceri “, “La Verna “, ecc.

 

CECI E CASTAGNE

dal libro “Gola e preghiera nella clausura dell’ultimo ‘500” di G. Casagrande

“… ( i ceci) mettili in una pignatta stretta e falli bollire in fretta e colali la sera mentre la mattina riempi il recipiente e li fai bollire di nuovo: quando hanno consumato l’acqua, metti pepe, zafferano e prezzemolo e soffriggili bene aggiungendo castagne e sale. Ma prima cuoci un poco in padella le castagne e puliscile e lessale in una pignatta e getta via quell’acqua e poi aggiungile ai ceci facendoli bollire ad una certa distanza dalla fiamma.”