La Preistoria: da 10.000 anni fa all’Età del Ferro
Partiamo da 10.000 anni fa
In quel tempo l’Italia era coperta da un’unica, immensa, verdissima foresta. Circa 10.000 anni fa i ghiacci che ricoprivano gran parte dell’Europa iniziarono a ritirarsi e l’Italia si ricoprì di tantissimi alberi. Sulle montagne c’erano abeti e larici, nelle pianure c’erano querce, olmi, tigli e frassini. Lungo le coste, vicino al mare si trovavano lecci, pini e sugheri. Tutti questi alberi erano altissimi; nessuno li tagliava . L’uomo era cacciatore, si nutriva degli animali che riusciva ad uccidere con armi di pietra. La selvaggina era abbondante e dappertutto si vedevano cinghiali, cervi, orsi, bisonti… e tanti altri animali selvatici.
Gli uomini erano pochissimi e abitavano nelle caverne o in ripari fatti con piante e foglie. Oltre a mangiare ciò che cacciavano, si nutrivano di bacche, radici, frutti selvatici.
Gli uomini andavano a caccia in gruppo, le donne e i ragazzi si occupavano della caverna, del fuoco, della raccolta dei vegetali e della frutta e della concia delle pelli degli animali dalle quali ricavavano vestiti e coperte.
Circa 8.000 anni fa iniziò la trasformazione
Intorno al 6.000 a.C., dei popoli nomadi provenienti dall’ Asia centrale arrivarono fino in Italia ed entrarono dalle Alpi portando con sé erbivori addomesticati (come cavalli e pecore). Per creare i pascoli per i loro animali iniziarono ad abbattere gli alberi e a bruciare le foreste. Era l’era Neolitica (della “pietra lavorata”) e i loro attrezzi erano ancora di pietra ma lavorata e levigata. Possedevano anche recipienti in terracotta dove potevano conservare il cibo.
L’immensa foresta iniziava a mutare, gli uomini venuti da est, più evoluti e nomadi. Si spostavano di continuo in cerca di nuovi pascoli, vivevano in capanne fatte di frasche o pelli di animali.
Nasce l’agricoltura
Nel Neolitico iniziò la terza fase della trasformazione del nostro territorio. Gli alberi vennero in parte tagliati e al posto di molte foreste ci furono i prati. L’uomo imparò a non doversi più spostare per trovare nuovi pascoli, imparò a coltivare i campi. Nacquero quindi i primi villaggi, alcuni vicino ai fiumi ( le abitazioni erano su palafitte). Si iniziò a coltivare grano, frutta, olive… e a produrre olio, formaggio, e man mano iniziarono gli scambi.
In quei secoli vennero scoperti il rame, il bronzo e il ferro e si iniziarono a costruire barche e armi di metallo.
Durante il Neolitico (da 8.200 a circa 5.000 anni fa), si diffuse pertanto l’economia produttiva, caratterizzata dall’agricoltura e dall’allevamento: l’uomo imparò a produrre il cibo e non fu solo predatore. A queste innovazioni economiche seguirono trasformazioni tecnologiche: iniziò la produzione della ceramica e la pratica della tessitura. Gli insediamenti umani si svilupparono nella forma del villaggio con capanne e recinti per gli animali (dapprima capre e pecore, poi maiali e buoi).
Il villaggio neolitico divenne il centro della comunità, intorno ad esso c’erano le terre coltivate, che appartenevano a tutti gli abitanti. Tutti lavoravano la terra e i raccolti erano distribuiti tra le varie famiglie (o clan, cioè un gruppo di persone abbastanza ampio, comprendente non solo la coppia ed, eventualmente, i figli, ma anche le generazioni più anziane o persone legate al gruppo da diversi gradi di parentela, come i cugini e gli zii.), che formavano il villaggio. Ogni clan possedeva la casa e qualche arnese per lavorare la terra o per cacciare.
Alle donne venne affidato il compito di badare alla prole e alla casa. Il relativo benessere, la tranquillità e disponibilità di cibo, di un riparo dalle intemperie rese possibile la nascita di più bambini.
Le comunità italiche impararono a lavorare il bronzo, ma non conoscevano ancora la scrittura che comparve in Italia intorno al 700 a.C. (circa 2.700 anni fa).
La popolazione aumentava e la scoperta dell’agricoltura, la capacità di lavorare i metalli e la nascita dei villaggi portarono l’uomo ad evolversi, a trasformare il paesaggio, dovettero iniziare a difendersi dalle incursioni di altri popoli. Della grande verde foresta… della vita semplice restò poco. L’aumento della richiesta di beni e il superamento della fase dello scambio, portò all’inizio del commercio e alla nascita di una vera e propria gerarchia sociale.
L’età del ferro
L’Età del ferro iniziò in Italia intorno al 3.000 a.C. Nel nostro paese iniziò a dividersi in diverse culture che probabilmente derivarono da popolazioni provenienti dall’Europa orientale che si erano stanziate nel centro Italia. Tra le più importanti ci furono:
- l’ Atestina (Este e Alto Adige),
- di Golasecca (Varese)
- e il Villanoviano, dove furono costruite vaste necropoli. I morti erano inceneriti, messi in urne biconiche e sepolti con corredi funebri.
Possiamo dire che in questo periodo l’Italia esce dalla preistoria ed entra nella storia. Le popolazioni si moltiplicarono e si divisero nei territori che molti anni dopo presero il nome delle nostre attuali regioni:
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- liguri, sulla costa ligure e nelle valli appenniniche del nord
- sicani e siculi in Sicilia
- italici, bruzi in Calabria
- terramare in Padania
- villanova nell’Italia centrale
- umbri nell Umbria
- veneti nel Veneto
- messapi e gli iapigi in Puglia
- sabini, latini, falisci, equi, volsci, ernici e ausoni, nel Lazio
- vestini, peligni e marsi in Abruzzo
- picenti, marrucini, e frentani nella zona adriatica centrale
- sanniti in Molise
- lucani in Basilicata.
Iniziarono i contatti sempre più frequenti con i fenici che erano presenti specialmente in Sardegna e nella Sicilia orientale, e con i greci che si erano insediati nell’Italia meridionale intorno a 2.800 anni fa.