LE FASI GEOLOGICHE PIU’ RECENTI – la storia geologica d’Italia

SI APRE IL BACINO BALEARICO.

Con il ricongiungimento di Africa e Europa del vasto oceano chiamato Tetide rimane solo una traccia che formerà il Mar Mediterraneo. In epoche geologiche meno remote, altri grandi avvenimenti segnano in maniera determinante la morfologia di questo bacino. Il primo avviene tra 20 e 15 milioni di anni fa e ripete in misura minore quanto era successo molti milioni di anni prima: una nuova risalita di calore dal mantello terrestre, forse prodotta dall’attrito della crosta oceanica della Tetide che si immerge sotto quella continentale o innescata dalle fratture formatesi nella zona compressa tra Africa e Europa, provoca l’inarcamento e la rottura della crosta. Questo fenomeno stacca dal continente occidentale il blocco sardo-corso e lo sposta verso la posizione attuale, formando alle sue spalle il bacino balearico. Lo spostamento del blocco sardo-corso termina in corrispondenza dell’irregolare bordo occidentale della zolla africana dove il movimento di compressione ha cominciato a formare gli Appennini.

SI APRE IL MAR TIRRENO.

AppenniniIntorno a 8 milioni di anni fa si ripete più a Est un fenomeno analogo a quello che aveva formato il bacino balearico. Un’altra frattura, con andamento grosso modo da Nord a Sud, separa la penisola italiana dalle terre che oggi formano la Corsica e la Sardegna. Questa frattura si allargherà lentamente fino a diventare un nuovo mare, il Tirreno, e spingerà la penisola italiana verso Est. La rotazione antioraria della penisola, ancora oggi in atto, provoca un’ulteriore compressione sulla catena degli Appennini che si deforma in due archi. La velocità di apertura del Tirreno non è uniforme da Nord a Sud, in quanto i bordi continentali irregolari controllano il movimento. La maggiore distensione del Tirreno meridionale porta a una accentuata deformazione dell’arco appeninico meridionale e alla progressiva migrazione della Calabria verso Sud-Est.

L’EVAPORAZIONE DEL MEDITERRANEO.

Quando da poco il Tirreno aveva cominciato ad aprirsi, un nuovo evento muta completamente la fisionomia di questa parte di globo. Tra 7 e 5 milioni di anni or sono, infatti, il bacino marino che ormai assomiglia all’odierno Mediterraneo si trasforma in un basso lago salato, con molte zone prosciugate. Le ragioni dell’improvviso disseccamento sono probabilmente legate a due fenomeni concomitanti: un aumento della temperatura (e conseguente aumento dell’evaporazione) e una interruzione, almeno parziale, della comunicazione con l’Oceano Atlantico, cui è legato in gran parte il ricambio con acqua meno salata. Questa condizione, chiamata “crisi di salinità”, durerà diverse centinaia di migliaia di anni durante i quali si forma una spessa coltre di sedimenti di tipo salino (gesso, anidrite, salgemma). Da questi sedimenti si formeranno rocce chiamate evaporiti, parte delle quali è attualmente affiorante in Sicilia, Marche e Romagna.

In un primo tempo, le evaporiti trovate in superficie furono considerate lembi di terreni molto antichi, derivanti dalle prime fasi di apertura della Tetide. Quando le perforazioni effettuate nel Mediterraneo rivelarono che in tutto il bacino erano presenti sedimenti di questo tipo, con spessori di centinaia di metri, ci si rese conto dell’errata interpretazione. La conferma si è avuta perforando questi sedimenti sui bordi dei bacini, dove il loro spessore diminuiva e con i carotaggi si potevano raggiungere anche i depositi sottostanti, che risultarono molto più giovani dell’epoca di apertura della Tetide.

Il Mediterraneo non si è probabilmente prosciugato completamente, dal momento che nei bacini più profondi sono stati ritrovati fossili di organismi capaci di vivere in acqua molto salata. Le evaporiti non sono state trovate solo nel Tirreno orientale, probabilmente perché questo settore di mare si è aperto in epoca successiva, per la continua migrazione verso Est dell’Italia.

Intorno a 5 milioni di anni fa il bacino è di nuovo occupato dall’acqua. E’ probabile che il ritorno dell’acqua sia stato rapido e isocrono in tutto il Mediterraneo, dal momento che si osserva un brusco cambiamento nei sedimenti, con depositi di argille immediatamente sopra le evaporiti. Il rapido ritorno alle condizioni iniziali deve essere stato permesso da collegamenti più vasti e più profondi di quello attuale di Gibilterra, in quanto nei sedimenti sopra le evaporiti si trovano microfossili che non sono in grado di sopravvivere sopra i 1000 metri di profondità. E’ probabile che la zona di confine della placca africana sia stata interessata in quell’epoca geologica da un movimento parallelo a quello della placca settentrionale e che questo movimento abbia determinato uno sbocco più ampio verso l’oceano.

Le conseguenze immediate della crisi di salinità furono la distruzione della fauna marina del Mediterraneo e la rapida erosione delle scarpate dei continenti non più compresse dalla massa di acqua, soprattutto in corrispondenza dell’entrata in mare dei fiumi, che vennero a trovarsi mediamente a 1500 metri sopra il livello di base.

PRESENTE E FUTURO.

Il prosciugamento del Mediterraneo si ripercuote a tutt’oggi in alcuni fenomeni rilevati nel corso di campagne di studio dei fondali. Lo spesso strato di materiali salini formatosi per l’evaporazione del bacino sono ricoperti da non più di 100-200 metri di depositi successivi.

fondale marino

Le evaporiti hanno una bassa densità, inferiore a quella dei depositi soprastanti, e tendono a risalire per galleggiamento verso l’alto. Questo fenomeno prende il nome di diapirismo e forma delle strutture rotondeggianti, che si innalzano in zone di fondo marino morfologicamente piatte o depresse, chiamate bacini anossici. Il materiale evaporitico, una volta perforati i sedimenti soprastanti, viene a contatto con l’acqua marina e, data la sua alta solubilità, si scioglie formando una fascia di salamoia. In queste zone l’acqua è così densa da rallentare la caduta verso il fondo delle particelle che provengono dalle acque limpide superiori. La presenza di sedimenti intorbidisce ulteriormente l’acqua, al punto da formare un orizzonte che riflette le onde sismiche. Al di sotto di questo strato l’acqua ritorna di nuovo limpida.

Attualmente la salinità del Mediterraneo è crescente verso Est e in senso assoluto. L’aumento di salinità di tutto il bacino appare legata a un diminuito scambio di acque con quelle a bassissima salinità del Mar Nero, a causa delle opere di regimentazione dei grossi fiumi che vi sboccano. Anche il contributo di acque fluviali del Nilo è compromesso dalle opere idrauliche. Rimane lo scambio con l’oceano Atlantico, attraverso lo stretto di Gibilterra, ma nel complesso l’evaporazione non è più compensata da apporti meteorici e fluviali e il bilancio idrico del Mediterraneo è negativo.

La convergenza tra la zolla africana e quella europea non è esaurita. Attualmente la velocità del movimento è misurata in circa 3 cm per anno e tende a chiudere il bacino del Mediterraneo. Gli enormi sforzi che si accumulano nelle zone di contatto tra le due zolle si scaricano periodicamente in violenti terremoti.

Nelle future epoche geologiche i due blocchi continentali appariranno nuovamente fusi in uno solo con isolati laghi salati, residuo del Mare delle Baleari, del Tirreno e dell’Egeo.

[tratto da http://vulcan.fis.uniroma3.it/lisetta/adamello/adamello.html]