Articoli

Cefalea nei bambini: prima causa di assenza a scuola.

“Ha un profondo impatto sui risultati scolastici, secondo alcune ricerche è la prima causa di assenza da scuola, con circa 7-8 giorni persi all’anno e interferisce anche con le attività quotidiane, eppure la cefalea nei bambini è poco considerata, anche dai genitori: il 36% di essi infatti non sa che il figlio ne soffre”, afferma Pasquale Parisi, Responsabile del Centro Cefalee Pediatriche della Cattedra di Pediatria di “Sapienza” – Università di Roma, presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma.

La cefalea è un disturbo comune in età pediatrica ed è causa anche di frequenti accessi al Pronto Soccorso. Circa il 49% della popolazione pediatrica manifesta almeno un episodio di cefalea, il 4,2% ne soffre per più di 10 giorni al mese. La fascia più colpita è quella dai 12 anni in su. “Il disturbo è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi 30 anni anche a causa del netto cambiamento nello stile di vita dei nostri ragazzi”, aggiunge il professor Parisi. “Oltre alla predisposizione genetica disturbi del sonno, scarsità di ore destinate al riposo, ma anche l’uso eccessivo di videogiochi, tv, tablet e smartphone possono essere in parte responsabili dell’aumento dei casi. A questi si aggiungono fattori emotivi, ansia e stress. L’emicrania vede una netta prevalenza genetica, mentre nella cefalea ‘tensiva’ l’aspetto psico-emotivo è dominante”.

“Tutto ciò rende urgente implementare la ricerca di settore e di conseguenza rivedere le Linee guida per la diagnosi e la terapia della cefalea in età pediatrica, secondo criteri di Evidence Based Medicine”, prosegue ancora Parisi. A confermare questa necessità è uno studio di prossima pubblicazione presentato per la prima volta al Congresso Italiano di Pediatria che ha coinvolto 11 centri italiani afferenti alla Società Italiana di Neurologia Pediatrica. Nello studio è stato utilizzato AGREE II, uno strumento epidemiologico standardizzato che valuta l’adeguatezza delle Linee guida, pertanto “per la prima volta possiamo sostenere su base scientifica la necessità di questa revisione. Occorre inoltre rafforzare la ricerca pubblica e indipendente pervalutare l’efficacia dei farmaci nella popolazione pediatrica, ancora poco studiata”.

“Prima di fare una diagnosi chiediamo al bambino o ai genitori di compilare un ‘diario del mal di testa’ per circa 3 mesi. Spesso infatti la cefalea si manifesta in maniera occasionale, in corrispondenza di una infezione delle vie aeree superiori o di un episodio banale febbrile. Se si tratta di eventi episodici utilizziamo una terapia di ‘attacco’, ma se la cefalea si presenta per almeno 4-5 giorni al mese con compromissione della vita quotidiana usiamo un approccio preventivo, una profilassi, per evitare che il disturbo “cronicizzi” prosegue Parisi. È opportuno rivolgersi a un centro specialistico quando c’è familiarità, specialmente di forme aggressive e cronicizzate nei genitori, quando il disturbo è frequente ed impatta negativamente sugli aspetti scolastici e “ludici” del bambino-adolescente”.

La cefalea può essere ‘primaria’ se dalle indagini strumentali ad hoc non si sia individuata una causa organica del dolore, o secondaria se conseguente a cause come malattie, infezioni, traumi. Queste ultime ammontano a circa il 40-50% dei casi, ma quelle veramente pericolose sono intorno all’1-3% e vanno sottoposte al vaglio del centri specialistici. Esiste infine, anche se molto rara, la cefalea “insidiosa”, apparentemente benigna ma che nasconde patologie che possono minacciare la vita del piccolo paziente. “È molto difficile riconoscerla”, spiega Raffaele Falsaperla, Direttore UOC di Pediatria e PS Pediatrico Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Vittorio Emanuele Catania, “perché è apparentemente innocua, in quanto si manifesta in bambini affetti da cefalea cronica che non presentano segni neurologici tali da destare allarme e che normalmente vengono classificati in Pronto Soccorso come codici bianchi o verdi. L’esame del fondo oculare può essere uno strumento utile per scovarla”.

Cefalea: i consigli della SIP per genitori e adolescenti

Evitare quanto più possibile i fattori scatenanti la cefalea, quali dormire poco, avere stili di vita scorretti (fumo, alcol), essere eccessivamente esposti agli stimoli visivi (computer, smartphone ecc.).
Prestare attenzione ai segnali di esordio precoce atipico, come torcicollo, dolori addominali. Se intercettati precocemente si può fare la diagnosi di cefalea e quindi migliorare la qualità della vita del bambino.
In caso di attacco acuto somministrare tempestivamente la terapia prescritta dal pediatra perché se si aspetta troppo il farmaco rischia di essere inefficace.
Quando ci sono segnali come cambio di umore o se il bambino cammina male, vede male e parla male rivolgersi a un centro specialistico.
Pensare a una profilassi quando gli episodi sono numerosi e inficiano qualità vita del paziente e della famiglia.

Dal sito: www.sip.it  (dottor Raffaele Falsaperla, Direttore del Pronto Soccorso Pediatrico e della Unità di Pediatria del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania

Adenovirus e bambini

Gli ADENOVIRUS colpiscono più spesso i bambini e possono causare piccole epidemie negli asili e nelle scuole. Ecco come affrontarli.

Questi virus colpiscono più di frequente i neonati e i bambini piccoli, causando casi multipli di infezioni respiratorie e diarrea negli asili e nelle scuole.

Se ne conoscono una cinquantina di tipi che sono infettivi per l’uomo. Oltre alle vie respiratorie e all’intestino possono infettare gli occhi e le vie urinarie.

In genere le infezioni da adenovirus sono più frequenti verso la fine dell’inverno, in primavera e agli inizi dell’estate. Tuttavia, in alcuni casi si verificano anche in altri periodi dell’anno.

È bene sapere però che congiuntivite e febbre faringo-congiuntivale tendono a colpire i ragazzi più grandi per lo più in estate.

Gli adenovirus sono altamente contagiosi: si diffondono da persona a persona attraverso le secrezioni respiratorie, per via oro-fecale oppure per trasmissione indiretta toccando superfici contaminate di mobili e altri oggetti.
Sintomi diversi a seconda dell’infezione

I sintomi delle infezioni da adenovirus cambiano a seconda della sede. Se il germe infetta per esempio le alte vie respiratorie, la sede più comune nei bambini, il malessere si presenta con sintomi molto simili all’influenza:

  • mal di gola
  • rinite
  • tosse
  • ingrossamento dei linfonodi

In alcuni soggetti può manifestasi anche una tosse secca che ricorda la pertosse. Quando il virus si “ferma” alle alte vie respiratorie si parla di infezioni di lieve e media entità che richiedono soltanto una terapia sintomatica.

Se l’adenovirus colpisce il tratto respiratorio inferiore può causare bronchiolite e polmonite virale che può essere pericolosa nei neonati.

Quando il virus infetta stomaco e intestino, in questi casi si parla di gastroenterite virale, i sintomi sono:

  • diarrea
  • vomito
  • cefalea
  • febbre
  • crampi addominali

Un’infezione delle vie urinarie può causare:

  • minzione frequente
  • bruciore
  • dolore
  • sangue nelle urine

Quando sono gli occhi a essere colpiti, possono insorgere:

  • congiuntivite o cheratocongiuntivite
  • occhi rossi
  • intolleranza alla luce
  • lacrimazione
  • dolore

Infine, la febbre faringocongiuntivale, che causa spesso piccole epidemie tra i bambini in età scolare, si verifica quando si infettano contemporaneamente occhi e tratto respiratorio.

Cure e terapie

Queste forme assomigliano molto alle infezioni batteriche, che di norma si trattano con antibiotici. Peccato però che questi farmaci siano totalmente inefficaci sugli adenovirus.

Per identificare la causa dell’infezione in modo da poter avviare un corretto trattamento il medico può, in alcuni casi, prescrivere l’analisi su campioni di secrezioni respiratorie e congiuntivali, feci, sangue o urine.

A parte i casi di vomito e diarrea nei neonati, di solito le infezioni da adenovirus non richiedono l’ospedalizzazione.

Nella maggior parte dei casi l’infezione si risolve da sola. Essenziale il riposo: il bambino deve poter dormire tranquillamente.

E poi è utile umidificare l’aria con un vaporizzatore per alleviare la congestione e, se il bambino ha meno di 6 mesi, liberare il nasino con una pompetta.

Nei bambini piccoli non bisogna usare farmaci contro raffreddore e tosse senza il controllo del medico. È possibile somministrare paracetamolo per ridurre la febbre, ma è sempre meglio chiedere al medico le dosi più opportune.

Se il bambino ha diarrea o vomito, aumentare l’assunzione di liquidi e chiedere al medico una soluzione reidratante orale per prevenire la disidratazione.

Per alleviare la congiuntivite occorre fare impacchi caldi. Unguenti o gocce oculari devono essere date al piccolo soltanto se prescritte dal medico.

Prevenzione (quasi) impossibile.

Non esiste un modo per prevenire le infezioni adenovirali nei bambini.

Per diminuire il rischio di trasmissione è fondamentale insistere affinché i bambini si lavino spesso le mani, facendo attenzione a mantenere le superfici e i giocattoli ben puliti.

[www.saperesalute.it]